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Anna e la sua Ultra V Trail in Laos

1.  Come ti prepari mentalmente nei giorni e nelle ore precedenti una gara di lunga distanza? Hai rituali o strategie per calmare l’ansia?   

Cerco di non pensarci troppo. Quando ci penso troppo mi viene l’ansia e poi va a finire che non va come vorrei. La settimana prima generalmente scarico i km, faccio qualche allenamento di qualità  su strada (tipo fartlek) e continuo ad andare in palestra e fare esercizi di mobilità. Cerco di studiare l’altimetria del percorso e di pianificare il reintegro.
(Spoiler: Finisce poi che in gara non seguo mai perfettamente la strategia studiata perché dopo tre anni ancora duro molta fatica a prendere i gel)

2.  C’è stato un momento in cui hai sentito di toccare un limite?  Come l’hai attraversato? 

Si, l’anno scorso c’è stato un momento, nonostante avessi avuto la possibilità di partecipare a gare stupende, in cui il mio fisico è un po’ crollato. Ho avuto due infezioni batteriche alle vie urinarie a distanza di tre mesi l’una dall’altra. Entrambe si sono scatenate a fine di una gara (la prima dopo il Mugello 42 e la seconda dopo la Lago Santo Sky Race) per una combo di fattori (disidratazione, crollo delle difese immunitarie e sovraccarico). Dopo il secondo episodio ho dovuto fare un mese di antibiotici. In seguito ho fatto un lungo e lento recupero di due mesi in cui ripartire è stato difficile.
Io non ho grandi doti innate da sportiva, la mia più grande arma è la costanza, grazie a quella sono ripartita

3.  Quali paure hai incontrato lungo il percorso e come le hai accolte? 

Ogni gara ha le sue particolarità e di conseguenza ogni volta ci sono paure diverse. Durante l’ultima gara in Laos ho avuto paura di perdermi nella giungla visto che il percorso non era ben segnalato e la mia traccia gps era quella dell’anno precedente. La seconda più grande paura era quella di farmi male in quanto i sentieri erano molto pericolosi. L’unica cosa che potevo fare era non fermarmi. E così sono arrivata in fondo. 

4.  Come riesci a mantenere la concentrazione e rimanere nel “flusso” per ore? Ti affidi a mantra o pensieri positivi nei momenti di crisi? 

Cerco di non pensare più di tanto. Quando arrivano i momenti quelli veramente duri cerco di concentrarmi sul fatto che non dureranno per sempre. 

5.  Hai mai vissuto momenti di connessione profonda con te stesso o con la natura durante la corsa?   

Si, correre mi fa sentire libera.

Mi ha aiutata ad avere più fiducia in me stessa e nelle mie capacità. Anche se mi stanco fisicamente posso stare ore nei boschi, mi aiuta a rilassare e svuotare la mente. Poi parliamoci chiaro, ci sono dei luoghi e dei panorami che sono così si ha la possibilità di poter ammirare. Credo che uno dei passaggi più emozionanti che abbia mai ammirato sia quello sul Col de Malatrá. Durante la settimana del Tor des Géants ho avuto la possibilità di partecipare alla 30 km del TOR. Era settembre e Aveva nevicato tantissimo la notte prima. Io mi ero presentata in pantaloncini corti e canottiera. Per fortuna un’amica, la Chiara Innocenti (grandissima Trail runner, lei si che fa le distanze e i metri di dislivello!) mi ha prestato i ramponi e tutto quello che mi sarebbe servito. È stata una salita durissima con un vento che ti buttava in terra e aveva ghiacciato tutta la neve. Quando ho superato il passo si è aperta una vallata che sembrava dipinta, una bellezza indescrivibile e davanti ai tuoi occhi sullo sfondo, proprio in mezzo come se lo avessero messo lì apposta, il Monte Bianco. In quel momento ho pensato che quello che sono stata fortunata a scegliere uno sport come questo e a poterlo praticare.

6.  Il supporto di amici, familiari o altri runner ha influenzato la tua resilienza mentale?   

Il mio ragazzo Francesco, anche lui appassionato di trail cura sempre ogni minimo dettaglio dei miei allenamenti e delle mie gare. Si allena con me quando puó e mi fa sempre sentire come se fossi speciale. Si preoccupa sempre che abbia tutto il materiale obbligatorio e che lo porti con me visto che io sono un po’ sbadata.

I miei amici , antisportivi , vengono a vedermi a quasi tutte le gare e dopo ogni gara mi portano sempre a pranzo fuori. Sapere che ci sono sempre ad aspettarmi al traguardo o che aspettano che gli faccia sapere come è andata mi da sempre motivo di arrivare al traguardo.

7.  Come elabori mentalmente l’esperienza dopo aver tagliato il traguardo?

Generalmente con una bottiglia di vino poi nei giorni seguenti provo a pensare a cosa avrei potuto fare meglio è perché non l’ho fatto.

8.  Oltre alla preparazione fisica , necessarie per una gara così impegnativa, ti dedichi anche(magari con il supporto di qualche specialista)  ad una sorta di preparazione mentale?

Sono molto migliorata con il tempo da questo punto di vista. Mi ha aiutato tantissimo in questo Laura Burzi , una grande alteta, mental coach e autrice di un bellissimo blog che vi consiglio di leggere , in cui troverete tantissimi spunti autentici sulla preparazione mentale. Dico autentici perche spesso si leggono tante cose belle ma impraticabili oppure non sostenibili nel tempo. Laura è prima di tutto un atleta quindi lo sa cosa vuol dire trovarsi in quei momenti lì. A me ha dato tantissimi consigli che oggi, a distanza di tempo, senza rendermene conto , ne ho raccolto tutti i frutti. 

9.  Quale è stato il tuo primo approccio con la corsa e come si è evoluta?

Ho iniziato a correre alla fine del 2021. Durante il covid quando sono rimasta senza lavoro. Ad aprile 2022 ho corso arrancando la mia prima mezza maratona e luglio ho corso il mio primo trail da 14 km. Una figata pazzesca.

10.  Quanto dedichi alla preparazione del materiale per la gara e quanto ti aiuta psicologicamente nell’affrontare tante ore e imprevisti vari.

Come ho scritto prima mi aiuta sempre Francesco con il materiale obbligatorio. Solo durante la mia gara in Laos ho capito quanto sia fondamentale averlo e che se lo hanno messo un motivo c’è. in LAOS c’erano 36 gradi e un tasso di umidità fuori dal normale. La gara si svolgeva su un percorso di 53 km e circa 3000 d+. Il limite orario era 24 ore. Mi sembrava un po’ esagerato come tempo per quella distanza. Il materiale obbligatorio comprendeva guanti (?) due frontali e una batteria di ricambio. Mi sembrava sempre assurdo tanto che non avrei voluto portarlo dietro. È andata a finire che avevo sottovalutato totalmente le condizioni del percorso di un paese completamente diverso dal mio. Se non avessi avuto i guanti avrei tutte le mani tagliate dalle rocce in quanto tanti km erano di arrampicata ma essendo che c’era quell’umidità pazzesca le rocce erano fradice. La gara è iniziata con il buio alle 7 di mattina. Avevo calcolato di metterci circa 8 ore. Sono rientrata con il buio, con la frontale accesa. Dopo essermi persa. Senza la certezza di avere quel materiale obbligatorio credo che sarei andata nel panico. Il primo uomo è arrivato circa in 9 ore. Ho chiuso la mia gara in 13 ore arrivando prima donna.

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