Vai al contenuto

Riccardo e la sua UTMB

Intervistiamo Riccardo Ageno, nostro amico e Trail Runner, che l’anno scorso ha avuto la malaugurata idea di partecipare alla Lavaredo Ultra Trail e all’Ultratrail Tour du Mont Blanc riuscendo a finirli entrambi.

1.  Come ti prepari mentalmente nei giorni e nelle ore precedenti una gara di lunga distanza? Hai rituali o strategie per calmare l’ansia?   

Per quanto mi riguarda, la mia preparazione mentale non avviene nei giorni precedenti ad una gara ma nei mesi, precedenti alla gara. I miei trascorsi sportivi di agonismo ad alto livello con la scherma mi hanno instillato la mentalità della preparazione metodica ad un evento in particolare durante la stagione agonistica, ed io proprio per questa mentalità mi sento tranquillo alla partenza di una gara importante se e solo se so di aver fatto tutto quello che potevo fare per prepararla al meglio. In questo modo non ho bisogno di particolari rituali e strategie per calmare l’ansia: mi godo il momento. Anche perchè è sempre bene ricordarsi che siamo amatori e ci dobbiamo divertire, se parti così è tutto più facile.

Nonostante questo, l’unica volta che mi sono un po’ cacato addosso è stato una mezz’oretta prima di mettersi in griglia all’UTMB. Mi tremavano le gambe, forse sarà stata l’emozione di trovarsi alla partenza di una gara così importante ed il pensiero di dover fare 2 giorni di corsa. Però, una volta avvicinatomi alla griglia di partenza, l’ansia è diventata voglia di partire, quasi smania

2.  C’è stato un momento in cui hai sentito di toccare un limite?  Come l’hai attraversato? 

Mai avuto sensazione di essere arrivato al limite. Per come affronto io qualsiasi gara di lunga distanza, non rischio mai di spingere oltre il mio limite. Il giorno dopo voglio camminare con le mie gambe; c’è gente che non riesce a regolarsi, che crede che durante una ultra ci si debba spingere oltre i propri limiti, e magari per aver tenuto un passo troppo veloce non riesce a finire la gara o se la finisce, arriva spappolato, vomita o per lo meno la ripaga per le settimane successive. Io la mattina dopo c’ho da andare a lavorare.

Diversa è la crisi temporanea, quella sì, quella c’è ed è una cosa normale che qualsiasi corridore durante una corsa di lunga distanza prima o poi si trovi ad affrontare una crisi: sia essa sonno, stanchezza, sensazione che le gambe non vanno, è la testa che fa superare l’eventuale crisi.

Conoscere sé stessi, cercare di capire cosa non va e fare qualcosa per far passare il problema. O semplicemente, non mollare di testa e sapere che la crisi prima o poi passa sempre, magari rallentando un pochino il passo, o mangiando un gel alla caffeina, o fermandosi a fare un micro sonno… dipende dal momento.

3.  Quali paure hai incontrato lungo il percorso e come le hai accolte? 

Mai avuto paura di niente. La paura quando ti diverti non esiste. E soprattutto, queste gare sono organizzate talmente bene che il possibile incidente è un’eventualità veramente remota.

4.  Come riesci a mantenere la concentrazione e rimanere nel “flusso” per ore? Ti affidi a mantra o pensieri positivi nei momenti di crisi? 

Ecco, questa è una bella domanda. Non ti so dire di preciso se ho un metodo di mantenimento del flusso, semplicemente rimango concentrato su alcune cose: il tipo di terreno o di salite/discese che stiamo affrontando, sapere a grandi linee a che punto sono della gara o della salita o della discesa che sto facendo, ma soprattutto come mi han sempre consigliato i vari ragazzi Survival che facevano le ultra prima di me, ragiono la gara a segmenti: un conto è pensare di dover correre 100km, un conto è focalizzarsi su piccoli obiettivi, tipo “arrivare al ristoro”, “passare il cancello” ecc. Uno per volta, non tutto insieme.
Ripeto: un conto sono 100km di fila, un conto è fare 10 volte 10km.
A livello mentale cambia tutto. 
E si, effettivamente, la testa deve sempre cercare di evitare pensieri negativi, perchè è il modo buono per mollare e soprattutto per stressare ulteriormente l’organismo.

5.  Hai mai vissuto momenti di connessione profonda con te stesso o con la natura durante la corsa?   

Ci sono dei momenti durante una gara lunga, soprattutto la notte, dove sei più dentro la tua testa che fuori nel mondo. Io a volte mi sono ritrovato, ai ristori, ad avere difficoltà a relazionarmi coi ragazzi che mi facevano assistenza proprio perchè magari avevo passato 3-4 ore da solo al buio a parlare con me stesso, a pensare a cose passate. In quei momenti la testa può andare da qualsiasi parte.

6.  Il supporto di amici, familiari o altri runner ha influenzato la tua resilienza mentale?   

Diciamo che durante la gara avere persone conosciute sul percorso fa sempre piacere. Non sei solo, hai la sicurezza che al bisogno qualcuno ti può aiutare, e anche solo rivedere facce amiche dopo decine di km in solitudine ti tira su parecchio.

La famiglia, beh, è un sostenermi indiretto: le mie assenze per gli allenamenti, il sapere che loro hanno sacrificato i loro momenti con me per permettermi di fare una cosa che mi fa stare bene, per me è una spinta fortissima a non mollare mai quando le cose possono mettersi male.
Come ho detto tante volte: in alcune gare avrebbero dovuto spararmi col fucile per fermarmi, il solo pensiero di non finire mi avrebbe fatto perdere mesi e mesi di sacrifici.

7.  Come elabori mentalmente l’esperienza dopo aver tagliato il traguardo?

Strano ma vero, resto molto freddo a fine giro ma anche nel periodo post gara. Me la sono goduta, ho raggiunto il mio obiettivo, e sono ovviamente contento. Ma niente di più. L’unica gara dove sono scoppiato, vuoi per il calo di tensione, vuoi perchè il mio allenatore mi scrisse delle cose bellissime, è l’UTMB.

Scoppiai a piangere come un bimbo, ma io credo di essere stato giustificato, avevo appena terminato una delle gare più famose del mondo, una di quelle cose che forse ti capita una sola volta nella vita.
Non ho pianto nemmeno quando sono arrivato terzo ai campionati del mondo di sciabola under 20, pensa te come sono “iceman” per ste cose, però a Chamonix piangevo come uno scemo.

8.  Oltre alla preparazione fisica , necessarie per una gara così impegnativa, ti dedichi anche(magari con il supporto di qualche specialista)  ad una sorta di preparazione mentale?

No. La mia preparazione mentale è come ho detto al punto 1:
Lavorare per raggiungere l’obiettivo. E’ l’unica cosa che mi da sicurezza.

9.  Quale è stato il tuo primo approccio con la corsa e come si è evoluta?

Ero grasso perchè Leonardo, il mio bimbo più grande, non ci faceva dormire quando era piccolo. Questa azienda è andata avanti per un anno e mezzo, ed ero entrato in un circolo vizioso di stress e mangiare male e sedentarietà totale che mi aveva portato a sfiorare quasi il quintale di peso dopo 3 anni dalla nascita del bimbo.
Un giorno, vicino al mio compleanno a Settembre 2015, ebbi difficoltà a respirare per allacciarmi le stringhe da quanto ero grasso, e lì mi dissi che dovevo cambiare qualcosa. Allora iniziai a correre per dimagrire e non dover fare una dieta da fame.

Poi arriva l’inverno, faceva freddo, e andando da decathlon per comprare qualcosa per correre col freddo, lessi sugli scaffali del negozio “scarpe da trail running”. O cos’è sto trail running? Noooo guarda ganzo lo voglio fare anche io. E ora sono un drogato.

10.  Quanto dedichi alla preparazione del materiale per la gara e quanto ti aiuta psicologicamente nell’affrontare tante ore e imprevisti vari.

Dedico tanta dedizione quanta ne dedico per programmare col coach la stagione. Io credo che durante una gara lunga non ci debbano essere imprevisti per mancanza di organizzazione. Non puoi calcolare una storta o il cambio repentino del tempo, ma non devi assolutamente sbagliare quando prepari il tuo zaino e le cose che ti servono: quando il tuo cervello è in pappa dopo 24 ore in movimento senza dormire, non trovare il gel alla caffeina perchè non ti ricordi dove l’hai messo può generare stress, pensieri negativi, ansia, e possibilmente generare un circolo vizioso senza uscita che può farti ritirare per una cazzata.

Studiare durante gli allenamenti dove sono le posizioni migliori per posizionare il cibo nello zaino, capire come caricarlo, dove mettere quel vestiario in base alla sua priorità (antipioggia, maglia termica, ecc) ti permettono di avere una sicurezza mentale in più. Mettere le cose a caso ti fa perdere tempo per cercarle, e oltre al fatto di limare minuti ad un eventuale cancello stretto, perdere tempo per cercare la maglietta ti fa stressare per una cosa evitabile, e lo stress meno ce n’è e meglio è.


Inoltre, l’ottimizzazione del peso dello zaino sia in termini di kg che di distribuzione del carico in maniera equilibrata, non è una cosa che si improvvisa la sera prima della gara: si prova durante gli allenamenti, si fanno tentativi e si valuta cosa è meglio e cosa è peggio. Io l’anno scorso per UTMB, feci allenamenti di 15-20k  con lo stesso zaino con cui avrei dovuto fare la gara, con 4-5 kg sulle spalle anche se non erano necessari, anche solo per abituarmi a quel peso lì con cui avrei dovuto convivere per 180km.

Autore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *